1961/1970

MAMA AFRICA & PAPA JAMAICA

Nell’articolo sul Blues vi ho parlato di Robert Johnson e di quei due mostri sacri di Muddy Waters e Howlin’ Wolf , che iniziarono a portare il genere oltre le sponde del Mississippi. Se non avete ancora letto il pezzo sul Blues siete degli sciamannati. Dai su, rimediate e cliccate qui: BLUES.

Questo genere nasce dal dolore di quegli africani catturati tra il 1780 ed il 1850 e portati sull’isola di Gorée, ammassati nelle stive delle navi  e spediti nelle Americhe. Come se fossero dei pacchi di Amazon, della merce. Privati della loro dignità di esseri umani.

Dopo la deportazione in balìa delle onde oceaniche, le navi raggiungono le coste della Giamaica, colonia inglese e luogo di smistamento. Quest’isola è diventata importatrice di cultura dagli Stati Uniti ed esportatrice di altra cultura verso il Regno Unito (dove emigrano molti suoi figli…mai sentito parlare dei Rude Boys?).

IN AMERICA SI DIFFONDE IL BLUES, MA IN AFRICA CHE SUCCEDE?

Nel 1930, in quella che allora veniva chiamata Abissinia, viene incoronato Re il Negus Negusta (“Re dei Re”) che dal 1930 si farà chiamare Hailè Selassiè, ma anche di “Eletto di Dio”, “Luce del mondo”, “Leone conquistatore della tribù di Giuda”, “Sono modesto”, “Non sono bello, ma piaccio”.

Negus Negusta aka Hailè Selassiè

Come avrete intuito dai suoi appellativi, il Re Hailè Selassiè viene riconosciuto come un Messia. E te lo lì che nasce il Rastafarianesimo (“Ras”=Capo e “Tafari”= Terribile). Il Negus Negusta è il il diretto discendente della tribù di Giuda (nata dall’incontro tra il Re Salomone, figlio di Davide, e la Regina Saba). Quindi l’ascesa al trono di Selassiè rappresenta il compimento delle profezie bibliche, che prevedono la caduta di Babilonia (il potere coloniale bianco) e la conseguente liberazione del popolo nero.

Nel mentre, in America si gioisce per l’arrivo di questo Re nero, visto come colui che avrebbe restituito la dignità ed i diritti perduti. Ad Harlem le persone sono in visibilio: si festeggia danzando, cantando e suonando per le strade.

In Giamaica, Leonard Percival Howell incita i neri del proprio paese dicendo loro di non pagare le tasse, in quanto erano loro i proprietari di diritto dell’isola, non gli inglesi. Li incita anche a  rivolgere la loro lealtà al re Hailè Selassiè.

Howell, OVVIAMENTE, viene fatto tacere, viene arrestato e condannato a due anni di lavori forzati.

“Avendo incitato all’odio e al disprezzo per sua maestà il Re d’Inghilterra e per i responsabili del governo dell’isola e per aver creato disaffezione tra i soggetti a sua maestà in quest’isola, e per aver disturbato la pace pubblica e la tranquillità dell’isola stessa (Daily Gleaner 14 Marzo 1934 in Campbell, p.82).

Una volta finita la condanna ai lavori forzati, Howell continua ad esser perseguitato dalle autorità coloniali, fino al suo internamento nel manicomio di Kingston. Meglio far credere che sia un matto, giusto? Capita la faccenda? Ah, la giustizia sarebbe proprio una gran cosa… se solo esistesse.

Nel 1935 l’Italia invade l’Abissinia e i giornali locali diffondono le atrocità commesse dai fascisti nei confronti dei legittimi abitanti di quella terra. Per gli abissini quest’invasione è come una guerra di razza. I paesi europei forniscono equipaggiamenti agli italiani e si rifiutano di vendere armi al re Hailè Selassiè.

Gli africani sparsi per il globo si surriscaldano e si uniscono nelle rivolte. I britannici tacciono e non fanno pervenire queste notizie in madrepatria, temendo la rivolta dei neri presenti sul suolo della Gran Bretagna.

Marcus Garvey, scrittore e sindacalista giamaicano, conferma il suo appoggio al popolo abissino. Garvey, però, contesta Hailè Selassiè:

-per non aver fatto crescere culturalmente e civilmente il suo popolo.

– per aver confidato in consiglieri e ambasciatori bianchi o sposati con italiane.

-per non aver negoziato legami appropriati con i neri presenti oltre i confini abissini.

Marcus Garvey

Garvey era convinto che se Selassiè avesse provveduto a ciò, gli italiani non avrebbero mai occupato la loro nazione. Tale analisi non riesce a dissuadere i giamaicani che interpretano il mondo in termini biblici e confermano il loro appoggio al loro Messia. Messia che, nel frattempo, spicca il volo, decollando dall’Africa, per atterrare a Londra, dove chiede rifugio. Fonda l’organizzazione “Ethiopian World Federation” per mobilitare la coscienza internazionale dei neri. Il programma di tale organizzazione prevede l’unione dei neri di tutto il mondo.

Gli scopi dell’EWF sono:

1) aiutare moralmente ed economicamente l’Etiopia ed i suoi profughi, 2) ottenere l’indipendenza del continente africano con sovranità dell’Etiopia, 3) coordinare azioni contro chi compie torti nei confronti dei neri 4) cacciare gli italiani dal suolo etiope grazie ad un bel calcio tra le chiappe.

L’EWF diffonde il suo giornale “The Voice of Ethiopia” che, oltre ad aggiornare sui fatti quotidiani i neri di tutto il mondo, promuove aiuti per l’Etiopia e Hailè Selassiè. In Giamaica viene istituita la prima sezione dell’EWF e da questo momento, il movimento Rastafari, prende forma nella società giamaicana.

I SIMBOLI DEI RASTAFARIANI: I DREADLOCK, IL LEONE E LA BANDIERA

I DREADLOCK

 Quando scoppia la guerra in Kenya, i rastafariani rimangono colpiti dalle capigliature dei componenti del “Land and Freedom Army“, ovvero l’Esercito per la terra e la libertà: i capelli erano lunghi ed arruffati.  L’ “African Opinion”, nonchè organo internazionale di stampa rasta pubblicato ad Harlem, nel ’53 pubblica le prime foto dei combattenti kenioti. Vengono narrate le vicende di Lancia di Fuoco e Mau-Mau (i nomi di battaglia di Jomo Kenyatta e Dedan Kimathi ).

Mau Mau aka Dedan Kimathi a capo della keniota “Land and Freedom Army”

 Dopo aver visto queste foto, molti neri abbandonano i canoni estetici dei bianchi con i capelli corti e lisciati, portando i capelli in lock (ciocche). Per fare ciò basta lasciare asciugare i capelli appena lavati, senza trattarli in alcun modo. IL MIO SOGNO DI UNA VITA. Invece mami & papo mi hanno creato capelli dritti come delle trenette.

Solo ai discendenti degli africani possono formarsi i lock, per la particolare struttura e morfologia dei capelli. Avere i dreadlock , quindi, significa ancor più distinguersi dai padroni giamaicani bianchi. Le autorità, per umiliarli, li obbligano a tagliarsi i capelli, ma ottengono l’effetto contrario: aumenta l’orgoglio del loro aspetto, definito (dalle autorità) “dread”, ovvero “terribile”.

Il  Ministro dell’educazione giamaicano ai fini dell’ingresso nelle scuole, emana l’obbligo di portare i capelli puliti e ben pettinati; così facendo i figli dei rasta non vengono accettati nelle scuole.

I dreadlock sono ritenuti la reincarnazione simbolica della criniera del leone. Quest’ultimo, con il suo ruggito, la sua intelligenza, la sua forza ed il suo movimento, diventa il simbolo dei rasta.

Il leone rappresenta la compensazione dell’impotenza e l’ambizione di una vita dignitosa, è il segno della tribù di Giuda descritta nell’Antico Testamento, dalla quale discendeva Gesù Cristo.

LA BANDIERA

La bandiera a strisce rosse, gialle e verdi è un altro simbolo tangibile del Rastafaranesimo. Rosso come il sangue versato dai martiri per ottenere la libertà. Giallo come l’oro per indicare la ricchezza dell’Africa. Verde per rimandare alla vegetazione presente in questa terra.

– IL NYABINGHI –

Anche la musica veicola messaggi di appartenenza ad una cultura. Il Nyabinghi accompagna le cerimonie sacre fatte di danze, canti, preghiera ed uso dell’erba meditativa, la marijuana (usata anche come erba medicinale sfruttando le sue qualità curative).

A proposito di ganja: i rastafariani sostengono che essa ricoprisse la tomba del re Salomone (chiamato il Re Saggio) e che da essa ne traesse forza. Viene associata all’ Albero della vita e della saggezza presente nel giardino dell’Eden. Vuoi che tra una Mela ed uno strano Serpente, Adamo ed Eva  non trovassero del tempo per divertirsi tra le foglie a cinque punte?

Il nyabinghi viene tramandato, parte dalle coste africane per giungere fino a quelle giamaicane. La musica era l’unico modo per mantenere alto l’umore degli schiavi deportati e, in Giamaica, smistati.

Molti schiavi fuggono e creano delle piccole comunità, denominate Maroon, dove riescono a mantenere le tradizioni africane ed a contribuire alla nascita del rastafaranesimo. Le radio continuano a passare le hit di Elvis e Doris Day.

Ora prendete un furgoncino itinerante, metti un generatore che spacca, un impianto colossale che pompa e dei piatti apparecchiati su un giradischi…ed ecco a voi la nascita dei Sound System.

I Disc-Jokey mettono a tutto volume i 78 giri di brani Blues provenienti dalla Florida, per mano dei lavoratori di campi di cotone.

“La gente del ghetto quando voleva divertirsi andava alle serate con il sound system. Non ci andavi per darti delle arie, ma per stare in mezzo alla tua gente. Era un momento importante. Certe volte nasceva qualche parapiglia, ma era abbastanza raro. Penso che essere ragazzo in Giamaica in quel periodo sia stata la cosa più bella del mondo. La gente si vestiva a festa, e quando si parla di mettersi in ghingheri nessuno può stare alla pari con la gente del ghetto. Si beveva un goccio e si ascoltava musica da sballo. Ci sentivamo una favola, sentivamo che tutto era possibile” (Derrick Harriot)

Per leggere qualche storia a proposito dei SoundSystem, leggete gli articoli su SKA, ROCKSTEADY e REGGAE.

L’elemento musicale africano sopravvissuto alla tratta oceanica fu il Burru Drumming: un particolare modo ipnotico di suonare le percussioni, dall’andamento ondeggiante. Viene suonato inizialmente nella parrocchia di Clarendon e poi nell’ovest di Kingston

Il Burru, il boogie depravato dei pianisti di New Orleans, e il Mento (un misto di folk africano, rhumba, calypso, spiritual e canti locali) shakerati come rhum bianco, crema di cocco e succo d’ananas, danno origine al Bluebeat. Quest’ultimo era dominato dai suoni dei fiati: sax, trombe e tromboni a tutto spiano. Piano piano, il suono del basso si fa strada e da ciò ne deriva la nascita dello Ska.
Ah, solo pronunciando questo nome, mi catapulto nell’Isola Verde.

https://www.youtube.com/watch?v=XkdxQ3TiWLE
Jamaican Nyabinghi

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