1961/1970

PROGRESSIVE ROCK

Il Prog è un Universo fatto di suoni magici, talvolta fiabeschi, mitologici, psichedelici, schizofrenici con frequenti cambi di ritmo, spesso con tempi dispari. Evoluzioni e variazioni, composizioni lunghe, concept album che narrano storie come se fossero libri. Esplosioni di suono che subentrano improvvisamente a dei pianissimo, provocando delle cascate di brividi lungo la schiena. Crescendo di armonie orgasmiche. Atmosfere orchestrali, con la suddivisione di un singolo brano in “movimenti”. Commistioni di musica classica e rock.

Il prog nasce in Europa, specialmente nel Regno Unito. La fecondazione del genere c’è stata grazie ai semi di Beatles, Caravan, Family e Soft Machine. I mesi di gravidanza passati nel ventre dei Procol Harum, dei Moody Blues e dei Nice (dove milita nientepopòdimenoche Keith Emerson). Il parto vero e proprio avviene il 10 ottobre 1969, con la nascita dell’opera prima dei King Crimson. Buona vita “In The Court Of The Crimson King”! Che figlio meraviglioso, un bimbo prodigio. Un album così pessimista da profetizzare il futuro, prendendoci in pieno. Paura, angoscia, incertezza, psicosi del genere umano trapelano dalle parole e dalle armonie. Il primo brano è “21st Century Schizoid Man”.

MAMMAMEA, ma cosa è? Cosa èèèèèèèè? Io boh con questa canzone sento che potrei tirar su un tir con un mignolo. Si parla di quanto schifo faccia la guerra (nel 1969 in Vietnam) e dell’uomo che ci lucra sopra.

Il sound tipico del prog è conferito da strumentazioni innovative come il mellotron, una tastiera generalmente di tre ottave. Ciascun tasto aziona la testina di un registratore ad esso collegato. Il nastro può contenere tre tracce differenti, lunghe 8 secondi ciascuna. Sul nastro possono essere incisi dei suoni (tipo di violini, viole, strumenti a fiato, sezioni di strumenti ad arco o a fiato, cori, rumori). Rilasciato il tasto, il nastro si riavvolge automaticamente ed è pronto per una nuova esecuzione. Il musicista, schiacciando i tasti, attiva la testina di un registratore, facendo emettere allo strumento il suono che è presente sul nastro. Quindi le formazioni possono allargare la propria strumentazione all’infinito.

Si, ok, mi sono spiegata da cani. Poi abbiamo l’organo Hammond con le sue due tastiere sovrapposte. In simbiosi con l’organo Hammond vi sono quasi sempre i diffusori della Leslie (il 145 era il preferito di Jon Lord dei Deep Purple, mentre il 142 di Wright dei Pink Floyd). Altro aggeggino carino caruccio è il Mini-Moog, papà del Sintetizzatore, strumento totalmente elettronico che permette al tastierista di fare delle “svise”, tipo quelle degli strumenti a corde. Per quanto riguarda la sezione ritmica, il basso Rickenbacker , ed i Roto Tom vanno per la maggiore.

In questo articolo vi parlerò solo di due gruppi considerati, dai più, le colonne portanti del progressive. Non potrò esimermi dallo scrivere altri articoli, almeno per i Pink Floyd e i Jethro Tull, fondamentali per la storia della musica e per la sottoscritta, che li ama pazzamente.

Qui sotto, uno dei riff più famosi di Mini-Moog della storia della musica italiana.

GENESIS

Non so voi, ma quando dico, come una rana, “PROG!”, mi si palesa nella mente l’immagine di un truccatissimo e teatrale Peter Gabriel sul palcoscenico. Quando, invece, dico “GENESIS!”, mi rimbombano nella scatola cranica “The Musical Box” e “Dancing with the moonlit night”.

Il primo brano apre il terzo album, ossia quel capolavoro assoluto di “Nursery Cryme”. I Genesis sono nella magione del loro produttore discografico, Tony Stratton-Smith, per provare i brani del nuovo album. Si tratta di Luxford House, edificio del XVI secolo dalla strana atmosfera, si vocifera sia abitato da simpatici coinquilini fantasmini formaggini. Questo clima disteso, stuzzica la fantasia di Peter Gabriel, che pensa alla storia e al testo di “The Musical Box”.

Dura dieci minuti: si parte dalla voce sussurrata e gentile, per arrivare a quella più spinta e grezza, a tratti aggressiva. Sembra racchiudere due o tre canzoni insieme ed è un piacere per incudine, staffa e martello. La musical box è il carillon, un oggetto evocativo della fanciullezza, un suono anticipatorio della ninnananna che concilia la buonanotte e i sogni (si spera non siano incubi). Sarà eh, ma a me sa di anticipatorio di un delitto dal sapore DarioArgentiano. Mi rimanda ad un’immagine gotica, maestosa, indemoniata, tetra e a tratti sensuale (come quasi tutti i brani dei Genesis).

Questa musical box per alcuni allude ad una gabbia nella quale soffocare e rinchiudere impulsi sessuali e amplessi vari ed eventuali. Vediamo di capirci meglio, perchè qua si passa dall’incanto di un’innocenza perduta alle pulsioni sessuali e al delitto in un batter d’occhio. Innanzitutto il titolo dell’album “Nursery Cryme” è una bella storpiatura delle nursery rhymes, le filastrocche inglesi per bambini.

Si narra la storia di due bimbi aristocratici in epoca vittoriana: Cynthia e Henry. I due giocano a croquet ed Henry, che è un vero burlone, si sdraia sul prato e scherza sulla possibilità di colpire la sua testa come se fosse un supertele o un tango. Cynthia la furbetta lo decapita involontariamente. Ops! Questa ha un senso di colpa grande quanto il cranio di Henry e due settimane dopo l’accaduto, aprendo il carillon del suo amichetto, ne evoca lo spirito. Lui si materializza a suo modo.

Il problema è che il suo fantasma invecchia rapidamente, non ha molto tempo per rimanere nel mondo terreno. Grida “Touch Me, Touch Me, Now”, rievocando la triste storia d’amore di Orfeo ed Euridice. Qui si sprigionano tutte le sopite pulsioni di Henry che, pur essendo uno spiritello evanescente, c’ha una voglia molto concreta e poco evanescente di copulare.

Cynthia si spaventa. Nella stanza entra la bambinaia e scaglia il carillon verso l’anima di Henry distruggendoli entrambi. Qui c’è anche un vago sentore di critica: i Genesis fanno capire che dietro ai finti moralismi e alle ipocrisie dell’aristocrazia, si celano le trasversali pulsioni primitive, comuni a tutti gli uomini appartenenti a qualsiasi classe sociale. In questo capolavoro si parte dall’atmosfera fiabesca al desiderio carnale che diventa distruttivo, passando per la sensualità e alla morbosità.

Molti dicono che il vero masterpiece dei Genesis sia il concept album “The Lamb Lies Down On Broadway”. Il vero stendardo del Progressive Rock. Io comunque continuerò ad amare alla follia “Selling England By the Pound”: belin ci sono altri due capolavori assoluti nella storia della musica. “Dancing with the moonlit night” e “Firth of Fifth”. Il primo pezzo, porca pupazza, è veramente un godimento che dura e che continua ad aumentare per 8 minuti. Ti lascia senza respiro. Un Phil Collins che viaggia come un treno, il Mellotron M400 di Banks, il tapping e lo sweep-picking di quel mostro di Steve Hackett. Che ve lo dico a fare, ascoltate e bon.

E poi il brano al quale sono più affezionata in assoluto: “Firth of Fifth”. Papà era al settimo cielo (ma che dico, almeno al dodicesimo): aveva appena comprato un’auto nuova, andai con lui e Ivan a ritirarla e come prima cosa testò il sistema audio. Sottocasa ascoltammo in religioso silenzio questa magia sotto forma di musica. E Dio solo sa le lacrime che mi escono quando, dal quarto minuto, comincia un crescendo catartico di pianoforte, i peli delle braccia bucano la maglietta che indosso. Poi arriva la deflagrazione di commozione e suoni. Quella parte di brano ti fa sprigionare delle emozioni incontenibili, la voglia di uscire sul poggiolo e di gridare “Viva la vita, cazzo!”, un po’ come quando fai sfiatare la pentola a pressione. E tutto quello che ti farebbe implodere, lo lasci andare un po’ alla volta, alleggerendoti.

EMERSON, LAKE & PALMER

Altro “totem” del progressive sono gli Emerson Lake And Palmer. La triade è composta dal tastierista narcisista e virtuoso Keith Emerson, fondatore dei Nice, Greg Lake ex cantante e bassista dei King Crimson ed infine il batterista sbarbatello Carl Palmer, il più giovane dei tre (la sua carriera comincia a 16 anni, mentre io a quell’età pensavo a leggere il “Cioè” sognando un futuro da moglie del cantante dei Meganoidi). Emerson viene definito un mago della tastiera e soprannominato da un giornalista “il Jimi Hendrix dell’organo Hammond”. Ma com’è avvenuto il loro incontro?
Riguardo al suo primo incontro con Keith Emerson, Greg Lake racconta:

“Eravamo al Fillmore West di San Francisco. I King Crimson stavano cominciando a disintegrarsi, Ian e Mike non volevano proseguire il tour e stavano facendo pressioni sul resto della band. Così sul palco, al soundcheck, incontrai Keith: stava suonando qualcosa al piano. Non ricordo cosa fosse, un brano jazz. Mi sono avvicinato e ho suonato con lui”.


Keith Emerson, che all’epoca milita nei Nice, conferma:

“Greg eseguì una linea di basso mentre io suonavo il piano e. Zap! Era fatta!”.

Lake prosegue:

“Così dopo il soundcheck avemmo la consapevolezza che potevamo fare qualcosa di grande insieme. Il suo manager venne da me e disse ‘Possiamo parlare di qualcosa di personale?’ ‘Certo’, dissi io, poiché non avevo nessuna intenzione di continuare con i Crimson. Keith era preso dalla musica classica, e io anche, in qualche modo. Lui era un tastierista e io un cantante. Era una situazione di bisogno reciproco. Questo fu l’embrione della situazione e poi ovviamente completammo la band con Carl Palmer”.

Lake ed Emerson si incontrano un anno dopo, per cercare un batterista che potesse completare il gruppo. Vengono presi in considerazione Jon Hiseman dei Colosseum, Ginger Baker dei Cream e Mitch Mitchell dei Jimi Hendrix Experience. Quest’ultimo vuole invitare nel complesso anche Jimi alla chitarra. Hendrix ci sballa e Emerson valuta l’idea, nonostante volesse restare nella formazione tastiere-basso-batteria. Comunque Jimi morirà poco dopo, quindi non se ne fa nulla, ahimè.

Il nome di Carl Palmer viene proposto dal manager dei Cream. Palmer ha solo 20 anni, ma ha già suonato con gli Atomic Rooster, Arthur Brown e Chris Farlowe. Un curriculum mica da ridere. Emerson e Lake ascoltano Carl e dicono “PVESO!”. La frittata è fatta. L’uovo degli ELP si schiude.

Sempre nel 1970, con il gruppo appena formatosi, partecipano al festival dell’Isola di Wight, assieme a Miles Davis, Jimi Hendrix, The WhoJoni MitchellThe Doors e Jethro Tull (e ai Dik Dik, ahahah). Una cosuccia da 600.000 spettatori. La loro partecipazione conferisce una certa visibilità ancor prima che i tre firmassero un contratto discografico.

Emerson ripesca un numero che faceva con i Nice: trascina il suo Hammond, lo ribalta e ci si sdraia sotto, suona alla rovescia e conficca coltelli tra i tasti per tenerli abbassati. A Palmer escono 2 litri di sudore dai pori e così, mentre tiene il tempo con la grancassa, si toglie la maglietta da strizzare. Standing Ovation del pubblico…e per concludere, al termine , la vuoi o no, una bella sparata di cannoni caricati a salve?

Ricordo uno spettacolo uguale al concerto degli AC/DC. A Nizza, l’anno del tour di Rock in Rio (scenografie del genere, mai viste ad un live), si arriva all’ultimo brano, as always: “For Those about to rock (we salute you)”. Escono i cannoni sul palcoscenico e via di cannonate con fiamme. Che goduria.

Comunque lo stesso anno del festival sull’Isola di Wight esce il primo album dal titolo omonimo “Emerson, Lake & Palmer”. In molti passaggi dei loro brani rockeggianti, citano musicalmente Bach, poi Bartok e Beethoven. In poche parole spazzziano e la gente lo capisce. La ballata, il brano più orecchiabile del disco è “Lucky Man”: è un viaggio, come quasi tutte le canzoni degli ELP. Questo singolo li consacra e dona loro il successo planetario. Anche se personalmente ci sballo con la grinta di “Knife-Edge”.

Incredibile come, a tratti, sembra che Emerson vada per funghi prataioli, mentre Lake raccoglie castagne e Palmer prende del foliage autunnale per fare un quadro: poi si incontrano in una fungaia sul Monte Antola e se la suonano. In poche parole: appurata la tecnica sopraffina dei tre, si ha la sensazione che si tratti di solisti che si ritrovano a suonare insieme. Un po’ onanisti. In Trilogy c’è un altro pezzo da trip “From the Beginning”: mi culla come “Planet Caravan” dei Black Sabbath, con quel sound rilassante delle percussioni e lo strisciare dei polpastrelli sulle corde della chitarra acustica.

Gli ELP si sciolgono nel 1979: Emerson realizza la colonna sonora del film “Inferno” di Dario Argento, Lake scrive canzoni per il suo album e forma una band con Gary Moore, ex dei Thin Lizzy, mentre Palmer entra negli Asia, un superguppo di progressive-rock con Steve Howe (Yes), John Wetton (King Crimson) e Geoff Downes (Buggles, Yes).

Nell’estate del 1985 Emerson riceve una telefonata dal vice-presidente dell’etichetta Polydor, riguardo una possibile reunion degli ELP. Emerson e Lake si incontrano a Londra per parlarne, ma Palmer tira il bidone perchè è troppo occupato con gli Asia. I due si ritrovano a cercare nuovamente un batterista, proprio come agli esordi e dopo varie audizioni, Emerson pensa al suo vecchio amico Cozy Powell (Whitesnake, Jeff Beck Group, Rainbow) ed ecco il nuovo trio: Emerson Lake & Powell… ancora ELP!

Pubblicano un album, vanno in tour nel 1986, ma si sgretolano subito dopo, durando quanto il record di Usain Bolt nei 200 metri.

Non vedo l’ora di parlarvi dei Pink Floyd e dei Jethro Tull, cià.

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