1961/1970

RUDE BOYS

Nella Giamaica degli anni ‘50 Duke Reid gestisce una drogheria e il negozio di alcolici Treasure Isle. Nel frattempo sviluppa il suo Sound System (un sistema gigantesco di casse rimbombanti), chiamato amorevolmente Trojan, dando così suono alla musica e alla cultura locale. Fino a quel momento in Giamaica si ascolta solo roba della Gran Bretagna, il paese colonizzatore.

Grazie a Reid comincia a diffondersi la musica autoctona, lo ska e poi il rocksteady, cantato e suonato dai “rude boys”, i ragazzi di strada.

Nel 1962 la Giamaica ottiene l’indipendenza dalla Gran Bretagna e molti giamaicani emigrano a Londra in cerca di fortuna.

L’attracco del 1948 della nave passeggeri inglese Windrush, al molo di Tilbury, è il simbolo dell’immigrazione dalle colonie imperiali. I Giamaicani arrivano sulle coste del Regno Unito. Sperano di trovare un posto di lavoro qualificato, di vivere in abitazioni dignitose e di integrarsi nel tessuto britannico. Eh, raga… inutile dire che le loro aspettative si trasformeranno ben presto in un’illusione colossale, tipo quando ti dicono che Babbo Natale non esiste.

Come in tutti i corsi e ricorsi storici, l’ immigrato fa tutto ciò che non vogliono fare i damerini: devono accontentarsi di professioni poco qualificate e vivere in luoghi degradati, diventando il capro espiatorio su cui sfogare il disagio degli strati sociali più colpiti dalla mutazione economica-industriale.

Il Regno Unito non se la passa bene nell’immediato dopoguerra: scarseggiano i beni di consumo e vengono razionati i principali alimenti della dieta britannica, nel 1947 l’India fa una bella leva e ottiene l’indipendenza, emergono problematiche legate alla riconversione dell’apparato industriale. Insomma, storiacce brutte a livello politico-economico.

I british osservano l’uomo nero caraibico con curiosità, come se fosse una creatura fantastica o un Demogorgone. La curiosità muta in ostilità: in primis la paura della contaminazione sessuale.

Vengono create ad hoc campagne stampa contro gli immigrati, inventando rapimenti e casi di violenza sessuale ai danni di ignare ragazzine inglesi.

I mass media ci sguazzano e manipolano l’opinione pubblica; come una maratona di “Pomeriggio 5”, “Fuori dal coro” e “Quarta Repubblica”. Sfruttano il tema dell’ etnia e della criminalità legata ad essa, per costruire un consenso sociale trasversale basato sulla connessione immigrazione/criminalità.

L’effetto che si ottiene è quello di colpevolizzare un settore della classe operaia, come se fosse il nocciolo della crisi sociale ed economica britannica. La classe operaia nera e quella bianca vengono dunque poste in contrasto dalle forze egemoni, ponendole in concorrenza l’una con l’altra, per distogliere l’attenzione dalla vera natura della crisi. Un classicone, la cosiddetta “guerra tra poveri”.

L’esperienza quotidiana degli immigrati li porta a prendere coscienza della propria subordinazione, per questioni di appartenenza ad un’altra etnia ed è da questa presa di coscienza che nascono le prime forme di resistenza.

Sono incacchiati.

Sono rudi e grezzi, perchè esserlo significa essere qualcuno in una società che nemmeno ti considera.

Sono “Rude Boys“.

Si vestono da gangster americani e vivono di espedienti: commerciano marijuana e rubacchiano qua e là. Ballano, con atteggiamento minaccioso, sulle note di uno ska più lento in cui predomina il basso. I testi delle canzoni cambiano e parlano di malavita. 

Si riuniscono nelle loro casette inglesi, dando feste, bevendo alcol, fumando e ascoltando, con un velo di malinconia la LORO musica. Cominciano quindi a circolare dischi di ska, rocksteady, reggae. Lee Gopthal, immigrato di prima generazione, riesce a cogliere questa nuova tendenza e dà vita alla Trojan Records. Come un Cavallo di Troia fa entrare la cultura giamaicana in terra straniera.

I caraibici attraversano l’Atlantico e portano la loro identità orgogliosa e salda. Tramite i ritmi in levare si diffonde il messaggio populista e pan-africano del rastafaranesimo.

Il reggae parla di riscatto ed è per questo che i giovani bianchi britannici, costretti a vivere anche loro nella precarietà, iniziano ad ascoltarlo. I bianchi della working class comprano i dischi importati dalla Jamaica, prodotti dalla Trojan Records. Skinheads e Rude Boys sono vicini nella lotta e nelle feste. Si, la musica unisce. Ballano e si scatenano fianco a fianco e fuck the system.

NO JAMAICA, NO TROJAN!

Circa un decennio dopo pure i punks si ispirano ai Rude Boys e alla cultura Rastafariana. Musicalmente parlando, i Clash inglobano nel loro repertorio anche dei pezzi reggae coniando il nuovo genere punk-dub e facendo una tournèe assieme al DJ nero rastafariano Don Letts che girerà il documentario “Punk”.

Il reggae ed il punk erano allo stesso tempo simili ed incredibilmente diversi: laddove il punk si lanciava negli acuti, il reggae puntava sui bassi, laddove il punk scatenava attacchi frontali ai sistemi di significato stabilizzati, il reggae comunicava attraverso l’allusione.

Per saperne di più sui Rude Boys e la nascita della Trojan Records, guardate questo film-documentario (quando ho visto Toots mi sono uscite lacrime a fiotti).

https://www.youtube.com/watch?v=b07uCK4DhSQ&t=122s

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