1961/1970

REGGAE

Il rocksteady rallenta, i testi si colorano di protesta.

Il suono pastoso delle linee di basso diventa sempre più dominante, cullando i nostri timpani. Si sente una ventata Soul che porta con sè i suoni dell’organo e nuovi spunti armonici. I fiati passano in secondo piano.  Il modo di suonare la batteria cambia: con la bacchetta si da un colpo al rullante prendendo sia la pelle, sia il bordo in metallo…ed ecco a voi il Rimshot.

Lo vogliamo dare o no un nome a questo cambiamento?

“Do the Reggay”,baby!

A questo ci ha pensato Toots, frontman dei Maytals, il quale se ne esce fuori con un brano intitolato “Do the Reggay!”. Prima di allora la parola reggay indicava la danza in voga in Giamaica, ma da quel momento diventa il nome del genere musicale.

Che dire di Toots? In realtà si chiamava Frederick Nathaniel Hibbert. Purtroppo parlo usando l’indicativo imperfetto, perchè questo grande uomo è salito fino al cielo cavalcando un leone. Il maledetto Coronavirus ce lo ha portato via nel Settembre 2020. Un mese prima uscì il suo ultimo album. Aveva 77 anni, ma aveva ancora il ruggito del leone che vibrava nel petto.

Inizia giovanissimo a cantare ispirandosi a cantanti Soul come Ray Charles, Wilson Pickett ed Otis Redding. Porta il funk in Giamaica, tant’è vero che viene soprannominato il “James Brown giamaicano”.

Io lo amo e l’ho amato con tutta me stessa. è l’artista “in levare” che preferisco. Era una spanna davanti a tutti. Grande musicista e cantante. Le sue hit più famose sono senza dubbio “54-46 was my number” in cui Toots racconta della sua esperienza in gattabuia per possesso di marijuana. I numeri presenti nel titolo e nel testo sono quelli cuciti sulla sua divisa da carcerato. Toots con questa canzone vuole anche cantare la sua innocenza:

“I’m not a fool to hurt myself (Non sono pazzo a farmi male da solo)
So I was innocent of what they done to me (Dunque ero innocente per ciò che mi hanno fatto)

They was wrong (Loro si sono sbagliati)”

Colpevolezza o meno, questo brano spacca. Ti fa sentire libero, aldilà delle sbarre.

Poi c’è “Funky Kingston“: dal titolo già si capisce l’influenza funk nelle sonorità.

I want you to believe every thing I do (Voglio che tu creda ad ogni cosa che faccio)
I said music is what I’ve got to give (Ho detto che la musica è ciò che ho avuto modo di dare)
and I’ve got to find some way to make it (e ho avuto modo di trovare un modo per farla)
Music is what I’ve got baby (La musica è quello che ho baby)

TOOTS

Si Toots. Tu eri musica. Nel 2012 Mister “Mocassino bianco” Pitbull ha deciso di estrapolare il ritornello di Funky Kingston per farne un brano su cui sculettare in discoteca. Si chiama “Don’t stop the party”. Ecco, quando sento queste robe mi si accapona la pelle. Si mischia il sacro ed il profano, la seta con gli stracci, la cioccolata con la m. Al tempo stesso mi esalto, perchè in questo modo Toots è entrato nelle orecchie persino alla casalinga di Voghera. Ho provato la stessa sensazione quando usarono il mio brano preferito di Etta James “Something’s got a hold on me” (sempre per farne una versione dance).

Della discografia di Toots non salterei nulla. Ha inciso tutti dischi per i quali non riuscirei mai a “skippare” una canzone. Se mi dicessero quale è la canzone che più ti gasa? Ad occhi chiusi risponderei “Reggae Got Soul”. Durante l’ascolto la mia energia raggiunge dei picchi altissimi. Quando corro e parte nelle cuffie, alzo il volume e mi trasformo in Usain Bolt (che manco farlo apposta è jamaicano), soprattutto la parte in cui inizia il controcanto con il coro femminile. Taglio il traguardo.

Ho la fortuna di avere un fratello che mi ama tanto, che mi conosce meglio di chiunque altro, che sa (senza che io dia input) quale biglietto del concerto regalarmi per il compleanno o per il Natale.

Il 21 Giugno 2017, giorno del mio 28esimo compleanno, mi ha donato il ticket per il concerto di Toots & The Maytals. Inutile dirvi che gli saltai addosso riempiendolo di bacini. Quel 2 Agosto partimmo appena usciti da lavorare. Direzione Marina di Massa. Dopo aver sbranato due panetti durante il viaggio (zero soste per evitare di arrivare in ritardo) giungiamo al Parco Ugo Pisa prendiamo due birrette. Iniziamo a sentire le good vibes tipica dei concerti “in levare”. Gente rilassata che non vuole accapparrarsi la prima fila sgomitando. La priorità è avere lo spazio vitale per potersi muovere e dondolare. Ad un certo punto le luci si abbassano ed entra sul palco uno dei miei idoli. Inizia a cantare, i bassi mi rimbombano nella cassa toracica. Mi giro verso Ivan. Ci guardiamo, poi chiudiamo gli occhi e cominciamo a ballare cullati da Toots. Le nostre maglie, dopo due ore di concerto sono da strizzare, ho una ventina di punture di zanzara, i piedi zozzi di terra, ma ho pure un gigantesco sorriso da ebete che mi dura fino al momento in cui poso la testa sul cuscino.  

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