1971/1980

KRAUTROCK -Kosmische Musik-

Pedalo sulla mia Graziella, metto il mio amico E.T. nel cestino di vimini e decollo. Mi perdo tra le
stelle, riesco a vedere l’altra faccia della Luna, le gambe si fanno leggerissime, non sento la fatica.
Nelle orecchie ho suoni cosmici che sembrano accompagnare questo sogno ad occhi aperti: perfetta colonna sonora del film di fantascienza che si snoda nella mia testa. Apro gli occhi e sul piatto del giradischi rotea un LP degli Ash Ra Tempel.
L’allunaggio del 1969 ispira la nascita della Kosmische Musik, letteralmente “musica cosmica”. In
Gran Bretagna c’è gran fermento, ma anche la Germania non scherza. Nel 1976 David Bowie (ex messaggero spaziale Ziggy Stardust), telefona a Michael Rother, chitarrista dei Neu! e gli dice:

Oh zio ascolta: io e quello spesso di Brian Eno siamo rimasti folgorati dall’ascolto dei vostri dischi. Non è che potremmo vederci a Berlino per una trade union? Sai come spazzziamo?”. Rother dice: “No, in quei giorni c’ho un torneo di padel e sono appena uscito da una storia travagliata con una tipa”. Niente, questa joint venture non si fa.

In seguito uscirà la trilogia berlinese di Bowie e il chitarrista dei Neu! si mangerà pure i
gomiti. Ascoltate Hallogallo e capirete cosa ha fatto scapocciare il Duca Bianco.

I giornalisti inglesi del settimanale Melody Maker, cambieranno il nome della nuova corrente musicale tedesca: da “Kosmische Musik” a “Krautrock” (ovviamente in senso denigratorio).

In pratica si tratta di un mix psichedelico di rock progressive ed elettronico, con una batteria che pompa il 4/4 denominato Motorik (abilità motoria, in tedesco). La pioniera inconsapevole di questo sound è stata Moe Tucker, batterista dei Velvet Underground.

Qui sotto una tabella esplicativa del Motorik rubata da wikipedia.

Tempo1+2+3+4+
Hi-hatxxxxxxxx
Rullantexx
Grancassaxxxxxx

Klaus Dinger dei Can! Lo chiamerà “ritmo Apache”. Effettivamente dopo l’ascolto del Motorik, come se fosse un mantra ripetuto all’infinito, potresti diventare uno sciamano Apache e comunicare con altri mondi.


La Kosmische Musik è il risultato di un Big Bang di tre galassie musicali tedesche: quella espressionista, quella avanguardista (come l’elettronica di Stockhausen) e quella popolare-epica. Il buco nero che risucchia tutto è la psichedelia, che arriva da altrove.

Dopo la triade avanguardista+espressionista+popolare , il numero tre appare
nuovamente per indicare le diverse correnti del Krautrock:
1- quella onirica, bianca accecante, meditativa, pacifica, siderale e catartica
rappresentata dai Tangerine Dream, dagli Ash Ra Tempel e da Klaus Schulze
2- quella cruenta, alienante, grezza, apocalittica, da incubo e talvolta isterica ispirata
dall’espressionismo e dal sound di Frank Zappa (Neu!, Can!, Amon Duul II, Faust).
3- quella industriale, fredda come l’acciaio, robotica-replicante, elettronica che anticipa la musica
ambient rappresentata dai Kraftwerk, i LA Dusseldorf e i Cluster.


Ringraziamo i tedeschi per questo genere che ha ispirato l’arrivo dell’onda oceanica della New Wave, il post-rock, lo shoegaze e l’ambient (grazie alla quale vi rilassate durante un bel massaggio
in SPA).


Nel Secondo dopoguerra la Germania Ovest è in fermento con conseguente aumento del tenore
di vita. Düsseldorf: città di fabbriche, di macchine e smog. E’ proprio qui che nascono e si
incontrano i fondatori del gruppo, tra le note, gli spartiti e le lezioni di solfeggio del conservatorio.


Inizialmente ci sono solo Ralf Hütter e Florian Schneider. Questi due giovani ragazzi scrivono
musica e l’uscita del loro quarto disco, “Autobahn”, decreta l’inizio della svolta synth
pop.

I due cominciano ad avere dei fan, fanno un piccolo tour nella loro Germania, ma sono costretti, al termine di ogni serata, a salire sul loro T2 Volkswagen sfondato e a macinare dei kilometri per raggiungere il letto di casa a Dusseldorf.


Nel 1977 Wolfgang Flür e Karl Bartos entrano a far parte del gruppo per “Trans-Europe
Express”.


Nel loro studio ‘Klingklang’, i dusseldorfiani giocano con i sintetizzatori (spesso costruiti
artigianalmente), la drum machine, le calcolatrici tascabili ed il vocoder per rendere le
voci robotiche (Florian Schneider ne ha pure brevettato uno e lo ha chiamato Robovox). Tutto svoltosi in un’epoca in cui si iniziava vagamente a parlare di bit e byte.

I manichini di Düsseldorf sono dei replicanti alla Blade Runner, dei visionari. Hanno anticipato il
futuro o lo hanno creato? Basti pensare che 40 anni fa, con l’uscita di “Computerwerlt”, ipotizzarono l’arrivo a gamba tesa del computer nella vita dell’essere umano.

Nell’album “The man machine” cercano di umanizzare le macchine, piuttosto che robotizzare gli umani.
Se ascolti “Metropolis”, ti immagini gente che balla la techno a Detroit, mentre la canzone che da il titolo all’album si percepisce un po’ di anima black, tipica dell’hip hop. Poi senti le voci robotiche ed è subito Trap. Inutile dire che tutto ciò sarà d’ispirazione per il synth pop dei Depeche Mode.

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